Dino Lanaro

PREMESSA IMPORTANTE: Dopo diverse interviste ad amiche favolose ma per niente sportive, era doveroso risollevare la media! Eheheh 😉

Provate a dire uno sport, uno a caso. Ecco, quasi certamente non solo lui lo avrà praticato, ma c’è una buona probabilità che abbia anche vinto. Eppure di mestiere non fa lo sportivo. Chi è? E’ Dino Lanaro, attore e mio super compagno nelle televendite Lamantin, ma soprattutto triatleta (non professionista) di altissimo livello.


La sua carriera sportiva è iniziata quando aveva 5 anni dopo, pensate un po’, un “incidente” sugli sci. Quelli, da allora, non li ha mai più voluti neanche vedere, ma in compenso ha praticato ogni altra forma possibile e immaginabile di sport: dal Kung Fu al Triathlon, disciplina durissima che ha deciso di iniziare per curare una grande delusione d’amore…

Dino, finalmente intervisto un super sportivo! Un triatleta per la precisione. Come nasce la passione per lo sport?
La mia passione per lo sport è nata quando avevo 5 anni, mio padre mi portò a sciare, messi gli sci ai piedi mi diede una spinta e mi ritrovai a scendere a “uovo” su una pista blu, rotolando rovinosamente nella neve. Quel giorno mi dissi: non farò mai più sport nella mia vita! (Ride). In realtà, non ho mai più voluto vedere un paio di sci, ma ho praticato ogni altro sport possibile e immaginabile.

Ad esempio?
Ho iniziato con il Kung Fu a 5 anni, poi mi sono spostato al pugilato. Ovviamente ho giocato a calcio e pure a pallavolo, tra l’altro in una squadra che militava in C1 quindi me la cavavo abbastanza bene pur non essendo uno spilungone. Inoltre sono un campione di Ping Pong. Poi ho fatto anche l’atletica leggera, in particolare ero forte nella corsa ad ostacoli.

Impressionante! Ora invece ti dedichi al Triathlon e l’allenamento è quotidiano immagino…
Oramai sono quasi un “caso patologico” (Ride). Mi alleno tutti i giorni, la mattina o la sera, dipende. E quando gli amici mi dicono: “Ma che palle fare Triathlon, devi allenarti tutti i giorni!”, io rispondo: “Non devo allenarmi, io voglio allenarmi tutti i giorni!”.

Di’ la verità, sei uno di quelli che se non fanno sport diventano un po’ “nevrotici”?
Sono sincero…sì, un po’ sento il “nervosismo” se non mi alleno. Ma il motivo non ha a che fare con l’estetica o i muscoli definiti, quello da cui sono dipendente è quella meravigliosa sensazione di benessere che si ha dopo, ad esempio, una corsa mattutina. La forma fisica è una conseguenza, il vero valore dello sport è quella percezione di felicità che poi ti resta per tutta la giornata.

Le famose endorfine… E chissà quante ne sviluppi facendo Triathlon! Come hai iniziato?
Direi in maniera “intelligente” e graduale, passando dalle distanze più corte come lo Sprint fino al Mezzo Ironman, la 70.3 (nuoto 1900 m, ciclismo 90 km, corsa 21,097 km).

Che approccio hai alla gara?
Molto competitivo. Non mi interessa arrivare solo a finire la gara, quello so che è possibile, voglio sempre dare il massimo!
Nel Triathlon ho capito che la mia distanza perfetta è la 70.3, ne ho già fatte una decina e nella mia migliore prestazione sono arrivato terzo di categoria. Quel giorno è stato importante perché, dopo aver annusato l’odore del podio, ho deciso che da terzo volevo arrivare primo e ho cominciato a dedicare la mia vita a questo obiettivo.

E come è andata?
E’ andata che la vita mi ha dato una lezione: dopo un’ernia cervicale ho dovuto rallentare…ma questo mi è servito molto, ho capito che sacrificare tutto per un podio non era il modo più intelligente di vivere lo sport. Continuo ad essere molto competitivo, ma ho sviluppato una maggior capacità di ascolto del mio corpo quindi ho imparato anche a fermarmi al momento giusto.

Delle tre discipline del Triathlon (nuoto, bici e corsa) quale preferisci?
La bici, perché è quella in cui sono più forte, mentre odio il nuoto perché mi riesce meno bene. Francamente non so come facciano i grandi campioni di questo sport a stare immersi in acqua otto ore al giorno tutti i giorni.

A me farebbe un po’ paura la cosiddetta “tonnara”…
Per la verità la confusione che si crea all’inizio della gara in acqua per me è una benedizione perché impedisce a chi è davvero forte e ha tecnica nel nuoto di mettersi subito in testa. In quel momento tutti sgomitano ed è più una questione di sopravvivenza.

Ma non hai mai avuto paura di farti male?
No mai, neanche quella volta che durante l’Ironman a Pescara ho visto uno entrare in acqua e uscirne dopo 30 secondi col braccio rotto. C’erano pure i miei genitori e non volevano facessi la gara…ovviamente non li ho ascoltati e l’ho conclusa molto bene!

Nello sport sappiamo che la preparazione è fondamentale ma altrettanto vale per la testa. A quali pensieri ti aggrappi nei momenti di maggiore difficoltà?
Questa è una bella domanda, si vede che sei un atleta. Io personalmente penso alle persone che amo. Una volta, durante una maratona particolarmente dura, ricordo di aver pensato a mia figlia Rebecca. Nulla di drammatico: lei stava bene e probabilmente neanche le sarebbe importato nulla se fossi arrivato al traguardo o meno, ma in quei momenti si ha bisogno di credere in qualcosa e io mi sono convinto che se avessi finito la gara lei ne sarebbe stata felice, mi sono creato questa convinzione e ce l’ho fatta.

Dentro quei “cassetti” da cui tiriamo fuori le emozioni che ci aiutano a superare le difficoltà ci sono anche ricordi di situazioni negative che fanno parte di noi, così come le positive. Lo sport ti ha mai aiutato a superare qualche dispiacere?
Sì, pensa che io ho iniziato a fare Triathlon dopo una grande delusione d’amore. Mia moglie se n’era andata con un altro e io soffrivo molto. Invece di prendere psicofarmaci ho deciso di allenarmi tutti i giorni ed è stata la mia salvezza. Ma d’altra parte, quando vado a fare una gara e mi guardo intorno, vedo tanta gente che ha sofferto come me e in quei momenti trovo un senso di appartenenza che è meraviglioso e che mi dà la forza anche per affrontare la gara stessa.

Sul tuo corpo lavori moltissimo e si vede. Ma hai mai lavorato in senso più spirituale?
Ho provato a fare una lezione di yoga, ma è stata l’esperienza più brutta della mia vita ma perché, limite mio, se non sudo mi sembra di buttare via il tempo. Anche se c’è chi mi ha detto che probabilmente ho sbagliato insegnante..

Te l’ho chiesto perché invece io penso che allenare la mente serva anche a migliorare la prestazione fisica. Ad esempio io prima di una maratona ascolto frequenze 432 hertz che mi aiutano a mantenere la concentrazione e a non disperdere energie.
Per me è la corsa la più grande forma di meditazione, come spiega lo scrittore giapponese Murakami ne “L’arte di correre”. In genere scrive romanzi ma in questo libro per la prima volta parla di se stesso e della sua passione per la corsa spiegando che funziona come un mantra. Così come la bici o il nuoto, sono tutti sport che prevedono uno stesso movimento ripetuto all’infinito, ed è questa ripetizione ipnotica che ti conduce come in un’altra dimensione. Spesso io vado a correre perché ho bisogno di meditare e, se ci fai caso, quando torni da una corsa, sei sempre diverso rispetto a quando sei partito, sei un’altra persona.

C’è una corsa di cui hai un ricordo particolare o che ti ha cambiato di più?
La mia prima maratona fatta a Torino nel 2011. Non conoscevo ancora il mondo degli integratori, semplicemente correvo due o tre volte a settimana e un giorno mi sono detto: voglio correre una maratona. Non puoi capire che cosa ho passato gli ultimi 10 km… (ride). Però, a pensarci, questa così sofferta è stata forse più bella rispetto ad altre, come quella di Roma, a cui sono andato più preparato.

Parlando di forma, corri molto però non hai quel tipico aspetto un po’ emaciato dei grandi runner. Hai qualche segreto?
La palestra, che per me è alla base di qualsiasi sport. Niente di sconvolgente, solo qualche ripetizione di pesetti, elastico, etc… insomma, esercizi che aiutano a far lavorare correttamente tutti i muscoli e non solo quelli che vengono sollecitati nella disciplina che si affronta.

Oltre al Triathlon pure palestra… Non sei un atleta professionista che può dedicare allo sport tutta la giornata, hai anche un lavoro e pure una figlia! Dove lo trovi il tempo per lo sport?
Il tempo lo rubo. Mi sveglio presto la mattina o faccio sport la sera anche tardi. Nei giorni peggiori mi alleno in casa dove ho allestito una piccola palestra.

Il tuo prossimo obiettivo nello sport?
Vorrei partecipare a Giugno al mezzo Ironman di Nizza, il più famoso d’Europa.

Ho come l’impressione che tu diventerai uno di quei vecchietti che anche a 80 anni corrono al parco! 😉
(Ride) Me lo auguro! Ti racconto un aneddoto: tempo fa ho fatto la maratona di Parigi con l’obiettivo di finirla in 3 ore, 3 ore e 15. Di fianco a me, in partenza, c’era un signore molto anziano e neanche particolarmente in forma che aveva il mio stesso obiettivo. Ho cominciato a chiacchierarci e mi ha detto di essere riuscito a chiuderla in quel tempo già l’anno prima. Iniziata la gara l’ho perso di vista e sono riuscito a raggiungerlo solo al 20esimo km…

Qual è il miglior tempo che hai fatto in una maratona?
A Roma ho chiuso il mio Personal Best in h.03:29. Ma forse la mia migliore prestazione l’ho fatta al mezzo Ironman di Mergozzo dove, con la giusta preparazione e allenamento, ho finito in h.04:32.

Niente male davvero! C’è invece qualche gara che, tornando indietro, faresti diversamente?
Vorrei tornare indietro e rifare tutte le gare in cui mi sono agitato o mi sono preso troppo sul serio. Con la maturità che ho oggi, ho capito che Il c**o te lo fai in allenamento ma la gara deve essere puro divertimento.
Ho visto gente scagliare la bici a terra perché a causa di un infortunio ha rovinato la gara, come se fosse quella della vita, invece è solo un’esperienza. Certo, ci si resta male perché si fanno molti sacrifici…anche a me è capitato un imprevisto che ha compromesso il risultato: ero in bici a Lignano Sabbiadoro, stavo facendo il mio miglior tempo finché non ho bucato la ruota. Ho fatto gli ultimi chilometri a piedi piangendo come un bambino finché mi sono reso conto che era un comportamento davvero stupido. In quel momento mi sono ridimensionato e ho pensato che chi può veramente piangere sono gli atleti professionisti che devono portare per forza a casa il risultato altrimenti possono perdere lo sponsor e quindi anche i soldi.

Una domanda più tecnica: si sa che chi corre ha un rapporto “maniacale” con le scarpe. Tu quale usi?
Sono fedele ormai da qualche anno alle Brooks. Inoltre, se parliamo di dispositivi sportivi, utilizzo regolarmente anche l’elettrostimolatore Complex che, attenzione, non serve a sostituire un allenamento ma aiuta a completarlo, oppure è perfetto come riabilitazione dopo un infortunio.

Tra i professionisti c’è un atleta a cui ti ispiri?
Ne conosco tanti ma rispondo Daniel Fontana: ha vinto due volte il campionato del mondo tra cui l’ultimo Ironman completo in Messico. E’ fortissimo perché oltre ad una grande preparazione fisica ha anche la testa.

Tua figlia Rebecca che rapporto ha con lo sport?
Ottimo visto che a 9 anni è già una campionessa! Ha vinto due gare interregionali di pattinaggio su ghiaccio ed è arrivata prima in una competizione di danza, vincendo anche una borsa di studio. Eppure ti assicuro che non l’ho spinta io a praticare sport, ce l’ha nel Dna!

Ultima curiosità…hai qualche gesto scaramantico prima di una gara?
Gesto scaramantico no, però chiuderei questa intervista con un messaggio importante a chi ci legge: amici triatleti, avete presente quel momento in cui fate la borsa il giorno prima della gara e ci mettete dentro occhialini, scarpe, gel etc…ecco, ricordatevi anche le salviette umidificate per gli attacchi di m***a pre gara, che poi le venite a chiedere sempre a me! (Ride!) 🙂 🙂 🙂

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